Alessandro Bacchetta, Andrea Bressan, and Marco Radici published a brief article in the August 2019 issue of "Le Scienze" (https://www.lescienze.it/plus/edicola/edicola.jsp). The contribution is included in a longer article by Abhay Deshpande and Rik Yoshida and describes the Italian involvement in the Electron-Ion Collider project.

 

Here is the text of the article (in Italian)

 

Italia all’avanguardia nell’Electron-Ion Collider
Un risultato che alle Olimpiadi ci farebbe inorgoglire: secondi solo agli Stati Uniti. Questi sono i numeri del coinvolgimento italiano nell’impresa Electron-Ion Collider, descritta nell’articolo di Abhay Deshpande e Rikutaro Yoshida. Per ora l’Electron-Ion Collider, o EIC, è solo un progetto, ma raccoglie già una comunità di più di 850 scienziati organizzati in un gruppo di lavoro, lo EIC User Group (http://www.eicug.org/). L’Italia è presente con più di 80 ricercatori e docenti, afferenti a 12 atenei pubblici e all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), l'ente pubblico demandato a sostenere la ricerca italiana in fisica nucleare e delle particelle. Solo gli Stati Uniti hanno un numero di partecipanti superiore.
L’EIC potrebbe diventare l’acceleratore di particelle più potente al mondo dopo il Large Hadron Collider del CERN di Ginevra. Sarebbe l’unico acceleratore con questa potenza ad avere la capacità di sondare con altissima precisione la materia nucleare in stati molto ricchi di informazione (in gergo “polarizzati”, o in condizioni di “saturazione”). Inoltre potrebbe essere l’unico nuovo acceleratore di particelle costruito nel prossimo decennio, e sarà sicuramente il maggior progetto statunitense nel campo della fisica nucleare. L’Italia ha l’interesse, le competenze e la voglia di partecipare con entusiasmo a questa avventura.
Una massima priorità 
L’idea di realizzare un Electron-Ion Collider per studiare la struttura interna di protoni e neutroni ha radici lontane. L’unico collisore protone-elettrone mai realizzato è stato l’Hadron-Elektron-Ringanlage (HERA), al Deutsches Elektronen-Synchrotron (DESY) di Amburgo, che ha funzionato fino al 2007. Fin dalla fine degli anni Novanta furono avanzate proposte di “polarizzare” gli spin dei protoni circolanti, ovvero di orientarli in modo coerente. Tra il 2005 ed il 2010 si è discusso senza successo di realizzare un anello di elettroni polarizzati all’interno del complesso di della Facility for Antiproton and Ion Research (FAIR), attualmente in costruzione a Darmstadt, in Germania. Questi auspici della comunità scientifica si stanno ora realizzando, speriamo, con l’EIC grazie alla forte spinta statunitense ed al supporto internazionale che essa è riuscita a creare.
Negli anni scorsi il gruppo di lavoro ha formulato la proposta di realizzare il collisore, identificando gli obiettivi scientifici che ne giustificano la costruzione. È poi riuscito a convincere tutta la comunità dei fisici nucleari statunitensi, che ha riconosciuto l’EIC come “massima priorità” nel suo ultimo documento di programmazione strategica pluriennale, e la comunità scientifica più ampia, rappresentata dalle National Academies of Sciences, Engineering and Medicine, che di recente hanno pubblicato una valutazione positiva sul progetto con lusinghieri commenti. Rimane ora da convincere il governo federale e il Congresso degli Stati Uniti a finanziare il progetto. Una prima decisione in merito è attesa nei prossimi mesi: sarà l'inizio concreto del progetto con i primi importanti finanziamenti.
La costruzione dell’EIC dovrebbe iniziare entro i prossimi cinque anni, il funzionamento dovrebbe cominciare nel 2030 e proseguire per anni, aprendo nuove prospettive per un’intera generazione di giovani fisici.
I ricercatori italiani hanno dato e continueranno a dare contributi su molti fronti: innanzitutto, la definizione degli obiettivi generali del progetto, ben illustrati nell’articolo di Deshpande e Yoshida. Nel 2011 una dozzina di italiani hanno firmato il primo documento in cui è stato sviluppato il cosiddetto “Science Case” del collisore, cioè la definizione degli aspetti più importanti da investigare per giungere alla comprensione della struttura interna dei nuclei.
In pratica e in teoria
I ricercatori sperimentali italiani porteranno la loro esperienza, fondamentale nel successo di esperimenti nei laboratori DESY in Germania, CERN in Svizzera, Jefferson Lab negli Stati Uniti. Le competenze che saranno inserite nel progetto sono relative sia alle complesse tecniche di analisi (software) necessarie in esperimenti simili sia alla realizzazione di rivelatori con tecnologie all’avanguardia sviluppate in Italia. Il progetto EIC-NET, finanziato dall’INFN, raccoglie gruppi di fisici sperimentali a Torino, Padova, Bologna, Ferrara, Genova, Trieste, Roma, Frascati, Bari e Catania. Per Silvia Dalla Torre, dirigente di ricerca all’INFN, Sezione di Trieste, e responsabile di EIC-NET, “Il coinvolgimento dei fisici italiani che studiano la struttura del protone è una naturale continuazione di un convinto impegno scientifico. Molti di noi sono attivi in questo campo già da anni. Oggi la nostra partecipazione è formalizzata grazie al supporto dell’INFN. Sarà quindi possibile, per i fisici italiani, contribuire in maniera sostanziale a questo progetto di scoperta scientifica.”
I ricercatori teorici italiani sono impegnati nello studio della distribuzione tridimensionale dei costituenti interni del protone (quark e gluoni). Da anni sono tra i pionieri a livello mondiale nella ricostruzione di queste mappe tridimensionali. Sono organizzati nel progetto National INitiative on PHysics of hAdrons (NINPHA) dell’INFN, coordinato da Mariaelena Boglione, professore associato all’Università di Torino, e il team comprende i gruppi di Torino, Cagliari, Genova, Roma, Perugia e Pavia. “L’EIC sarà letteralmente una miniera di informazioni, che ci aiuterà a comprendere alcuni tra I più affascinanti misteri della fisica subnucleare, come l’origine della massa e dello spin del protone”, ha dichiarato Barbara Pasquini, professore associato all’Università di Pavia.
Nei prossimi anni proseguirà ulteriormente l’attività di ricerca e sviluppo sui rivelatori che verranno utilizzati nell’EIC, mentre è in atto già da anni una proficua collaborazione tra sperimentali e teorici per ottimizzare l’analisi dei dati, testimoniata dalla partecipazione continuativa a progetti comuni di ricerca italiani e, soprattutto, europei. Oltre ad avere una fondamentale importanza per la comprensione dei costituenti della materia, l’EIC porterà a risultati utili anche per altri settori della fisica, e a ricadute tecnologiche e applicazioni in campi diversi, tra cui quello medico.
“L’Italia ha dato contributi rilevanti alla fisica nucleare negli Stati Uniti, fin dalla sua nascita ad opera di Fermi. Il coinvolgimento in un grande progetto negli Stati Uniti sarà un’importante occasione per rafforzare la dimensione globale della ricerca scientifica italiana. L’INFN sarà in prima linea.” conclude Eugenio Nappi, vicepresidente dell’INFN.
Alessandro Bacchetta,
professore associato, Università degli Studi di Pavia e INFN – Pavia
Andrea Bressan,
professore associato, Università degli Studi di Trieste e INFN – Trieste,
vicepresidente dell’Institutional Board dell’EIC User Group
Marco Radici,
primo ricercatore INFN - Pavia,
membro dello Steering Committee e dell’Institutional Board dell’EIC User Group